La comunità scientifica internazionale – si fa riferimento, ad esempio, all’Organizzazione Mondiale della Sanità, all’American Psychiatric Association e all’American Psychological Association (1) – ha ufficialmente dichiarato, ormai da decenni, che l’omosessualità è una variante naturale dell’orientamento sessuale e, come tale, non ha, di per sé, alcuna caratteristica psicopatologica. In altre parole: le persone omosessuali ed eterosessuali si sviluppano, da un punto di vista psicologico, affettivo e relazionale, in direzioni di sanità o patologia del tutto indipendentemente dal loro orientamento sessuale.
Nonostante ciò, esistono ad oggi delle minoranze all’interno del mondo accademico e clinico che sono mosse dall’intento di “curare” le persone omosessuali, e che definiscono i propri interventi “terapeutici”, appunto, terapie riparative. Il mio utilizzare il virgolettato non ha (solamente) una finalità polemica, ma piuttosto un senso contingente: scopo dell’articolo è, infatti, definire in che cosa tali terapie consistono, il loro inquadramento epistemologico, la loro validità a livello sperimentale e la loro sensatezza da un punto di vista di etica professionale.
Autore: BussoleLGBT
La ricerca scientifica: istruzioni per l’uso
Negli articoli di questo blog si trova un esplicito riferimento all’utilizzo di dati provenienti dalla ricerca scientifica a sostegno dei contenuti proposti. Mi sembra quindi utile definire, per chi non sia avvezzo alla terminologia qui adottata, cosa è la ricerca scientifica, perché viene svolta, quali sono i criteri secondo cui viene intrapresa e quale sia il suo scopo ultimo. Premetto che questo articolo non sarà di per sé esaustivo, poiché descriverò solo la ricerca in ambito psicologico, ma mi propongo di toccarne almeno i punti principali.
Intersessualità: tra medicina e diritto all’autodeterminazione
Quante volte ci capita di leggere discussioni o notizie a tematica gay e di incappare nell’acronimo LGBTI? Forse non tutti sanno che quella I finale non sta per Indecisi (come spesso si sente dire facendo riferimento a persone con un orientamento sessuale non definito, a persone bisessuali, e così via). La I dell’acronimo sta per Intesessuali. Ma chi sono le persone intersessuali?
Transessualità e il percorso della comunità scientifica verso la de-patologizzazione: dove siamo oggi?
Attualmente la comunità scientifica non considera più la transessualità come una patologia, eppure nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) si continua a fare riferimento ad essa: perché? Per capire la posizione ufficiale dell’American Psychiatric Association (APA) è importante conoscere la storia dell’inquadramento diagnostico delle persone transessuali, ma prima ancora sono necessarie alcune premesse fondamentali per comprendere la transessualità, senza cadere in stereotipi o false credenze.
La de-patologizzazione dell’omosessualità in psicologia
Gli orientamenti omosessuali sono sempre esistiti, e hanno trovato differenti spazi di definizione a seconda delle epoche storiche. L’articolo si propone come un approfondimento relativo alle vicissitudini di tali definizioni, a partire dall’ ‘800 ai giorni nostri, e con particolare riferimento all’ambito psicologico-psichiatrico. Si individuano tre passaggi storici nel modo di concepire l’omosessualità: il primo, che definirei come passaggio dal dominio della religione al dominio della medicina, è collocabile nella prima metà del XIX secolo; il secondo, situabile a cavallo dei due secoli, potrebbe essere definito come passaggio da un dominio medico patologizzante, vale a dire teso alla scoperta delle origini patologiche dell’omosessualità, ad un dominio di ricerca empirica, quindi con un primissimo tentativo di analizzare il costrutto dell’orientamento sessuale a partire dai dati di ricerca e non da presupposti teorici a monte; infine, il terzo ed ultimo momento riguarda gli ultimi tre decenni e coinvolge la fase storica a noi contemporanea, e può essere definito come passaggio dallo studio dell’omosessualità allo studio di come le variabili dell’omofobia, esterna ed
interiorizzata, incidono sul livello di benessere psicologico degli individui e dei contesti sociali. L’attuale visione dell’orientamento omosessuale come variante naturale della sessualità è ampiamente
supportata dalla comunità scientifica internazionale, ma anche osteggiata da una moltitudine di contesti minoritari guidati ancora da una visione patologizzante dell’orientamento omosessuale.
LGBTI: l’acronimo dell’inclusione
LGBTI è l’acronimo che si utilizza per indicare l’appartenenza di una persona alla vasta comunità Lesbica, Gay, Bisessuale, Transessuale/Transgender e Intersessuale.